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A partire dal 2 dicembre, la stagione 7 di The 100 è approdata anche su Netflix. La serie,  adattamento dell’omonima tetralogia fantascientifica e distopica della scrittrice Kass Morgan  giunge, così, al capolinea.

The 100 la trama

The 100 inizia 97 anni dopo una guerra nucleare che ha distrutto la Terra.

Gli ultimi membri dell’umanità sopravvissuti si trovano su un’immensa nave spaziale, l’Arca, ma i sistemi di supporto iniziano presto a dare segni di malfunzionamento. Perciò, un centinaio di giovani delinquenti viene spedito sulla Terra per valutare se il pianeta sia abitabile o meno.

Una volta raggiunto il suolo terrestre, i giovani si rendono conto di non essere gli unici superstiti.

Dov’eravamo rimasti?

Nella stagione 6, abbiamo assistito a un’evoluzione dei personaggi. The 100 non si è mai risparmiata in fatto di morte, ma l’uscita di scena di Kane (Henry Ian Cusick) ed Abby (Paige Turco) ha sancito un punto di rottura: Clarke ha sempre potuto contare sull’aiuto di sua madre, ma adesso deve prendere in mano la situazione. Il testimone passa, quindi, ai giovani: sapranno essere migliori dei loro antenati?

La stagione 7 riparte da un immenso cliffhanger. Che cos’è successo a Bellamy e Octavia? Che cos’è l’anomalia? Cosa farà Clarke in merito a Sanctum? Dov’è finito Sheidheda, dopo che la Fiamma è andata distrutta? Come da tradizione, nessuna risposta è tanto semplice.

I nostri eroi cercano di raccogliere i pezzi della società che hanno distrutto su Sanctum. Clarke (Eliza Taylor), ancora provata dalla morte della madre, inizia advert avvertire il peso della guerra e della morte, mentre il gruppo si accorge che mantenere l’ordine tra fazioni opposte non è un compito così facile.

Parallelamente, il gruppo indaga sull’Anomalia e si ritrova costretto advert affrontare ostacoli ben più impegnativi di quanto sia mai successo. Ciò che i personaggi incontrano nel loro viaggio li spinge al limite fisicamente ed emotivamente, mettendo in dubbio ogni presunta consapevolezza sulla famiglia, sull’amore e sul sacrificio.

Il principale obiettivo è quello di andare oltre la mera sopravvivenza e capire che cosa significhi vivere, mentre all’orizzonte si profila un nuovo nemico: Invoice Cadogan (John Pyper-Ferguson), noto come Il Pastore per gli abitanti di Bardo (i Bardiani).

Ancora più che in precedenza, la stagione 7 è ricca di colpi bassi e tradimenti. Quasi certamente non è il miglior modo per congedare una serie che ha attirato l’attenzione e l’affetto di migliaia di fan in tutto il mondo, ma resta una storia godibile al di là dell’amaro finale.

La storia riparte (bene)…

Il ritorno in vita di Invoice Cadogan e l’introduzione a posteriori dei Discepoli è una scelta un po’ avventata, soprattutto se consideriamo che i nostri avevano a malapena risolto la questione di Sanctum e dei Prime. Questi, perlomeno, restavano legati alla mitologia creata intorno alla Fiamma…

A questo punto, vengono chiamati in causa degli alieni onnipotenti e “ascesi”. Eppure, The 100 non ha mai contemplato la presenza di extraterrestri. La nuova stagione si snoda tra il tema della dilatazione temporale, quello della cieca, folle fiducia di Bellamy (Bob Morley) nella setta di Cadogan e quello della tutela di Madi (Lola Flanery).

La rivelazione del fraintendimento fra Final Warfare (“Ultima Guerra”) e Last Check (“Ultima Prova”) non è una sorpresa. L’umanità ha dimostrato di aver conosciuto solo questa strada, perciò a senso che venga sollecitata a capire una volta per tutte quale sia il destino che l’attende.

…si sviluppa (o forse no)…

Il problema della trascendenza è che non esistono regole chiare, exact. Non si sa nulla di questi esseri ascesi. Eccetto che hanno il potere di lanciare ultimatum: ciascuna civiltà può ambire all’infinito, oppure essere annientata.

Un piccolo spiraglio di gioia è il ritorno di Lexa (Alycia Debnam-Carey). Clexa shippers, non esultate: Lexa è solo un’istantanea, una presenza evanescente. Lexa è un tramite e, come story, la sua esistenza è contingentata.

Clarke, invece, è un groviglio di emozioni confuse. La sua determinazione, la sua forza di volontà, la sua empatia, il suo coraggio si sono spenti da ormai troppi episodi. Clarke è cresciuta, ha accettato il peso del mondo sulle proprie spalle, finché il mondo l’ha schiacciata e lei si è rassegnata.

L’ultima stagione l’ha deformata: Clarke è una blanda figura materna, incapace di considerare altro oltre la sicurezza della figlia adottiva che tratta al pari di una bambina indifesa. Addirittura, esausta, racconta il proprio logoramento interiore. Così, sconfessa lo stoico eroismo di cui si period fatta portavoce finora.

Ridotta alla dimensione di jus drein jus daun (“il sangue chiama sangue”) e a una disperazione superb a sé stessa, Clarke diventa l’emblema dell’inadeguatezza.

…e si conclude (male)

Raven (Lindsey Morgan) rimane una figura dinamica e piena di risorse, sempre disponibile a intervenire per migliorare la situazione in cui si trova. La sua intelligenza acuta le consente di capire come l’Ultima Guerra non sia altro che la testimonianza di un problema radicato nella natura umana: la violenza, spesso gratuita o fondata su falsi pretesti.

La percezione è condivisa anche da Octavia (Marie Avgeropoulos) e Indra (Adina Porter), che si battono per riaccendere il lume della ragione fra i Terrestri sopravvissuti e i Discepoli indottrinati.

Da ragazza terrorizzata e nascosta sotto il pavimento, Octavia diventa Blodreina e lotta contro un’edace sete di sangue. Eppure, l’umanità annidata nel profondo del suo cuore le fa da monito e la costringe a confrontarsi con i propri limiti.

“Possiamo cambiare”, cube Raven, “abbiamo solo bisogno di più tempo.”

L’umanità, in definitiva, è chiamata a sottoporsi alla stessa sfida per un sincero esame di coscienza.

The 100 è un arco spezzato

La scena finale annulla tutto: non solo l’episodio L’ultima Guerra, ma anche la serie nella sua interezza.

Gli amici di Clarke fanno una scelta dettata dall’amore, un atto di altruismo encomiabile. Il problema maggiore di The 100, però, è che si conclude con un messaggio alquanto banale: al di là delle guerre e delle incomprensioni, al di là della morte e della sofferenza, esiste una dimensione immersa nella tempo assoluta.

La chiusura immortala i nostri come un simbolico riferimento alla preghiera dell’Arca, “Ci rincontreremo”:

“In tempo, tu possa lasciare la riva. Nell’amore, tu possa trovare la prossima. Che il tuo viaggio sia sicuro, fino al nostro ultimo viaggio sulla Terra. Ci rincontreremo.”

Un’abile dissolvenza incrociata, Clarke scarabocchia su alcuni fogli. E se fosse stato tutto un sogno?

Trailer

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