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Luca Marinelli alla scoperta di un artista unico

Tra gli attori italiani più bravi e ricercati degli ultimi tempi, paragonato da molti a Gian Maria Volontè, Luca Marinelli torna al fianco dell’amico e collega Alessandro Borghi ne Le otto montagne. L’opera, diretta da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Paolo Cognetti, Premio Strega nel 2017, e vede Marinelli nei panni di Pietro, di ritorno tra i luoghi dell’infanzia.

Nato a Roma il 22 ottobre 1984, Luca riprende forse dal padre doppiatore la passione per il cinema. All’età di 22 anni entra nell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, diplomandosi nel 2009. Dall’esperienza impara che “bisogna andare in scena con la serietà di un bambino che gioca”. E di serietà ne dimostra in abbondanza, ma anche di una particolare abilità nel saperla sfruttare, gestire, elaborare.

Luca Marinelli | Il debutto con Saverio Costanzo

L’anno successivo arriva il grande debutto: Saverio Costanzo lo sceglie come suo protagonista, al fianco di Alba Rohrwacher. Ne La solitudine dei numeri primi, tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Giordano, Marinelli interpreta Mattia.

La timidezza che contraddistingue l’attore romano nella vita di tutti giorni – o almeno in alcune determinate situazioni dovute alla popolarità – si rivela congeniale al suo personaggio. Mattia è un ragazzo a cui piace starsene per i fatti suoi, profondamente segnato da un evento della sua infanzia; l’unica che sembra riuscire a comprenderlo e a stargli vicino è Alice (la Rohrwacher).

La solitudine dei numeri primi

Sorta di Harry ti presento Sally, ma completamente agli antipodi per atmosfera e sensazioni, La solitudine dei numeri prima impone all’attenzione del grande pubblico il nome di Luca Marinelli. Nome che, da quel momento in poi, non ha mai smesso di risplendere.

Da Paolo Virzì a Paolo Sorrentino, passando per Capturing Stars

Nel 2013 arriva un altro ruolo importante, per la regia di Paolo Virzì. Tutti i santi giorni è la storia di Guido – Luca si è cimentato con il toscano per la parte – e Antonia (Thony), alle prese con il desiderio di avere un figlio e l’incertezza del futuro.

Liberamente ispirata al romanzo La generazione di Simone Lenzi, la pellicola possiede una genuinità e una delicatezza quasi disarmanti. Anche in questa occasione Marinelli sfodera una gamma di suggestioni che diventeranno in qualche modo il suo marchio di fabbrica.

Tutti i santi giorni

I riconoscimenti non tardano advert arrivare: candidato come Miglior attore ai Nastri d’argento, ai David di Donatello e ai Globi d’oro, viene anche scelto come rappresentante italiano nella sezione Capturing Stars del Competition di Berlino.

È il turno di Paolo Sorrentino, che lo coinvolge per uno dei suoi titoli più rappresentativi e simbolici, La grande bellezza. La strada è ormai bella che asfaltata, sebbene l’attore mostri un’attenzione particolare in ognuna delle sue scelte, alla ricerca di quelle occasioni in cui possa essere percepibile il suo reale e più intimo contributo.

Non c’è personaggio che non porti, chi per un verso chi per un altro, i segni del suo passaggio. Anche nei movie meno riusciti, Luca lascia una scia impossibile da cancellare. Ed è sempre una scia vivida, ipnotica, indelebile.

Ne è un esempio l’Andrea de La grande bellezza, con la sua instabilità che stravolge il mondo circostante e lo stesso Jep Gambardella (Toni Servillo). La scena di lui completamente nudo e ricoperto di vernice rossa, con solo quegli occhi cangianti a ricordare una sofferenza dell’anima dentro l’involucro fisico, è tra le più suggestive del cinema nostrano.

Luca Marinelli

L’incontro con Claudio Caligari

L’incontro con Claudio Caligari è determinante sotto vari punti di vista. Innanzitutto da quello umano, quindi dal professionale.

Ogni volta che vuoi raccontare un mondo devi amare le persone che compongono quel mondo” – è l’insegnamento lasciatogli dal grande cineasta, scomparso nel maggio del 2015. Luca lo ha fatto suo, interiorizzandolo e arricchendolo appena ne ha avuto occasione. Le sue determine le abbraccia, le avvolge, le dipinge con amore, passione, energia, e poi ce le restituisce più sfolgoranti e maestose che mai.

Non essere cattivo è un’opera testamento di grandissimo valore. La potenza intrinseca alle storie di Vittorio (Alessandro Borghi, altro giovane e valido interprete italiano) e Cesare (Marinelli) colpisce come un pugno allo stomaco.

Non essere cattivo

Non c’è redenzione, almeno non come la si vorrebbe (e la si meriterebbe); l’amicizia fraterna è l’unica reale ancora di salvezza, ma non basta. I due protagonisti sono figli di una società allo sbando – siamo a Ostia a metà anni Novanta – condotti, volenti o nolenti, a intraprendere la strada dell’illegalità.

Strada che non concede alcuno spiraglio ma conduce piuttosto verso una spirale di violenza e autodistruzione tendente a un’unica, inesorabile, soluzione finale. Luca dona al suo Cesare una dolcezza impolite, un dolore abissale, la romanità più vera.

Marinelli Jeeg Robotic

La stessa su cui punterà tanto con il ruolo successivo, divenuto in poco tempo un’icona in tutto e per tutto, alla stregua del Joker di Batman.

A ben vedere Lo chiamavano Jeeg Robotic qualche elemento con il fumetto targato DC Comics lo esibisce. Tor Bella Monaca è la nuova Gotham Metropolis, nella quale abita e agisce Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), in arte Jeeg Robotic. Se non fosse che, almeno all’inizio, questi tenti di rapinare un bancomat e di guadagnare da una partita di droga.

Nella sorprendente pellicola firmata da Gabriele Mainetti, al suo primo lungometraggio, Marinelli veste i panni de Lo Zingaro. Kajal che mette in risalto il colore degli occhi, capelli lunghi e impomatati a dare un tono, sorriso sghembo e lustrini sulla giacca. In poche battute la descrizione di quello che è forse uno dei personaggi più spettacolari di sempre. Soggetto scelto anche per molti tatuaggi.

Lo chiamavano Jeeg Robot

E nessuno meglio di Luca avrebbe potuto rendergli simile giustizia. Lo Zingaro, al secolo Fabio Cannizzaro è ovviamente il villain del movie. Eppure a un certo punto si fa il tifo per lui, vittime inconsapevoli (?) di un fascino che va oltre i tradizionali canoni estetici. Il David di Donatello questa volta è suo, insieme al Ciak d’oro e al Nastro d’argento.

Luca Marinelli, il trasformista sul piccolo schermo

Dentro lo schermo Luca Marinelli compie, spesso e volentieri, una trasformazione fuori dal comune. Motivo per cui in tanti lo hanno paragonato a Gian Maria Volontè, ripensando alla sua versatilità e al suo magnetismo. Entrambe caratteristiche di cui l’attore è più che ben dotato.

Luca mi ha fatto rivivere la ferocia di certi straniamenti di Gian Maria che si dimenticava di se stesso quando recitava […] Quando ho visto Marinelli cantare in Lo chiamavano Jeeg Robotic, la ricerca della postura e dello sguardo mi hanno emozionato. Non vedevo quello sprofondamento da tanto tempo”.

Così ha detto di lui Ennio Fantastichini, con cui ha recitato in Fabrizio De André – Principe libero. La miniserie targata Rai e distribuita sul grande schermo da Nexo Digital è basata sulla vita dell’indimenticabile cantautore, interpretato nell’età adulta da Marinelli. Le canzoni di De André accompagnano la narrazione e quando è Luca a prestar loro la voce rivive un po’ di quella poesia, profonda e potente.

Principe libero

L’altra miniserie a cui partecipa è di impronta internazionale, Belief, per la regia di Danny Boyle, sul rapimento Getty. Qui veste i panni di Primo, un affiliato della ‘ndrangheta tanto spietato quanto magnetico.

I ruoli da villain e l’impegno nel sociale

Senza dubbio le parti da “cattivo” gli riescono magnificamente, ma ciò che sembra tirar fuori da esse è la lotta interiore, il desiderio di questi uomini di raggiungere l’obiettivo prefissatosi e il dover fare i conti con quella che è la realtà dei fatti.

Uomini forse costretti advert agire in un certo modo, o magari ignari di avere un’alternativa. Le sfumature esibite da ciascuno dei suoi personaggi sono qualcosa che passa per l’anima di Luca, fa il giro e ne carpisce dei piccoli pezzettini da riportare sullo schermo.

Ma non è tutto: si aggiungano a tali doni datigli dalla natura una coscienza politica e sociale che dovrebbe essere presa come esempio da chi popola la società di oggi – a tal proposito andate advert ascoltarvi il suo discorso di ringraziamento al Lido di Venezia e date un’occhiata ai progetti della Pen Paper Peace, fondata dalla compagna Alissa Jung.

Tra la Resistenza dei fratelli Taviani e l’ispirazione de I soliti ignoti

Prima delle incursioni televisive di cui sopra, ci sono altri titoli degni di nota, a partire da Una questione privata dei fratelli Taviani. Dopo aver diretto grandi attori agli albori della loro carriera, i due registi (alla loro ultima opera insieme) vanno sul sicuro con uno come Luca, affidandogli il ruolo di Milton.

Partigiano, giovane e idealista, diviso tra l’amore per la patria, per l’amico e per la donna di quest’ultimo. Attraverso il suo sguardo malinconico, lo spettatore entra nella storia e la vive sulla sua propria pelle. Ne emerge uno spaccato della società dell’epoca così intenso da risultare doloroso.

luca marinelli una questione privata

Nel simpatico ma poco considerato Lasciati andare di Francesco Amato l’ispirazione pare derivi invece dal pugile de I soliti ignoti, a cui prestava il volto e il fisico Vittorio Gassman. L’Ettore di Marinelli non ha filtri ma fascino da vendere. Una parte piccola ma decisamente di impatto, che dà colore e al tempo stesso movimenta l’intera vicenda.

Luca Marinelli diventa Il padre d’Italia per Fabio Mollo

Il padre d’Italia gli permette di tornare a esplorare un aspetto della sua ricchissima personalità. Ricordiamo che ne L’ultimo terrestre si period già confrontato con il lato femminile, grazie al personaggio di Roberta, un trans amico del protagonista (Gabriele Spinelli). Figura chiave nell’universo creato da Gipi, riceveva una consistenza piena di grazia, ironia, coraggio, finendo per rubare involontariamente la scena.

Discorso analogo vale per il lavoro firmato da Fabio Mollo, dove però è diverso il punto di partenza: Paolo è un tipo introverso, poco audace, omosessuale. L’incontro con Mia (Isabella Ragonese), una giovane donna agli antipodi rispetto a lui, sconvolge la sua intera esistenza, portandolo dinanzi a questioni che lo riguardano da vicino e che gli donano tutto un nuovo senso.

Proprio come fa Luca con questo uomo all’apparenza comune, se non che la dolcezza, la sensualità e il turbamento affidatigli dall’interprete lo elevano e differenziano.

Il padre d'Italia

Dalla Mostra del Cinema di Venezia Ricordi? e Martin Eden

Le ultime due opere che lo vedono protagonista sono state entrambe presentate alla Mostra del Cinema di Venezia: Ricordi? di Valerio Mieli e Martin Eden di Pietro Marcello. Se il primo vince il Premio del pubblico BNL alle Giornate degli Autori, con il secondo è lui advert aggiudicarsi la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile.

Inoltre la pellicola di Marcello ha ricevuto ben 4 nomination agli EFA, i premi del cinema europeo, tra cui quella al Miglior attore – dove Marinelli si è scontrato con il connazionale Elio Germano (in gara per Volevo nascondermi).

In entrambe il suo personaggio compie un viaggio personale, tra la ricerca di sé, la sperimentazione, la presa di coscienza. Viaggio simile probabilmente a quello affrontato dallo stesso Luca nel tentativo (strariuscito) di dar loro sostanza. Nel movie di Mieli la vita di coppia è al centro della narrazione, ma anche in Martin Eden è un tassello importante, che indirizza le azioni e ne modella le forme.

Ricordi?

Eccolo quindi a spaziare da un genere a un altro senza soluzione di continuità, mantenendo sempre altissimo il livello del suo contributo. Non è solo il suo essere versatile e credibile a caratterizzare ogni sua efficiency, quanto questo spirito per così dire (rom)antico che sembra pervaderlo nella maniera più autentica possibile.

Luca Marinelli, un artista unico e prezioso

Appassionato di Dylan Canine (con cui ha rivelato di aver fatto i suoi “migliori incubi”) e forte delle varie lezioni ricevute sui set, che sembra aver assorbito come una vera e propria spugna. Dotato di un’umiltà che lo mantiene coi piedi per terra e sempre disponibile con chi gli mostra il suo affetto. Luca Marinelli è un artista quasi unico per la generazione alla quale appartiene.

Il make-up, le maschere, elementi imprescindibili nel percorso di un attore, lo hanno spesso aiutato, permettendo al suo vero Io di esprimersi senza però svelarsi del tutto. Ma ciò che dà è abbastanza, perché propone e dona emozioni reali, buttando giù quel muro invisibile imposto da uno schermo.

Di recente anche il New York Occasions lo ha inserito tra i 20 migliori interpreti del 2020.

Da Diabolik a Le otto montagne

Diabolik – a cui presta il volto, sotto la guida dei Manetti Bros – sfrutta il suo sguardo magnetico e glaciale, attraverso cui è difficile leggere le emozioni. Sulla scena, accanto a Miriam Leone, alias Eva Kant, c’è talmente tanta bellezza da abbagliare. Ed è una bellezza che deriva anche dal modo in cui gli interpreti si lasciano “possedere” dagli iconici personaggi.

diabolik luca marinelli

Peccato, però, che la collaborazione non sembra essere andata abbastanza bene, motivo per cui Marinelli viene sostituito nei successivi due capitoli del franchise dal Giacomo Gianniotti di Gray’s anatomy.

In attesa di ritrovarlo in sala con il già pluripremiato e apprezzato Le otto montagne – che lo riporta al fianco dell’amico fraterno Alessandro Borghi – vi lasciamo con il video musicale del brano Niente di strano di Giorgio Poi, per darvi solo un piccolo assaggio di quanto detto sinora.

*Salve sono Sabrina Colangeli, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.

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