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The Umbrella Academy 3: la recensione della terza stagione

The Umbrella Academy 3 è una serie creata per la television da Steve Blackman e ispirata al fumetto scritto da Daniel Means,  disegnato da Gabriel Ba: la serie è distribuita da Netflix. I dieci episodi della terza stagione sono disponibili dal 22 giugno 2022.

La trama

Dopo aver messo nice all’Apocalisse nel 1963, la Umbrella Academy torna a casa nel presente, convinta di aver impedito la nice dei giorni e di aver sistemato una volta per tutte questa linea temporale. Dopo un momento di entusiasmo generale, i fratelli Hagreeves – che nel frattempo hanno appena detto addio a Ben per la seconda volta – si rendono conto che le cose non sono per niente come le hanno lasciate.

Anziché ritrovarsi nella loro dimora, i sei si ritrovano nella Sparrow Academy. Intelligenti, eleganti e glaciali, gli Sparrow si scontrano immediatamente con gli Umbrella in un violento faccia a faccia – intervallato da un iconico momento musicale sulle word di “Footloose” – per ristabilire lo established order. I due schieramenti di fratelli devono fare fronte unito e accantonare le loro differenze per contrastare l’avanzata di un’entità distruttiva non identificata che sta creando scompiglio nell’Universo.

La recensione

Dove eravamo rimasti?

Iniziavano esattamente così le riflessioni sulla seconda stagione di The Umbrella Academy, e non si può che farlo parlando di una terza stagione particolarmente collegata, nelle sue basi narrative iniziali, a quanto successo prima: perché ritroviamo i fratelli Hargravees dopo gli eventi di Dallas vissuti nel piano degli anni ’70 nell’Lodge Oblivion, nella loro giusta epoca, ma a dover fronteggiare la Sparrow Academy, ovvero una sorta di loro controparte di una timeline alternativa, creata da loro stessi con la loro permanenza nel passato.

Ma proprio il paradosso stesso della loro esistenza in un universo dove non dovrebbero essere mai nati sta facendo collassare tutto.

La fonte letteraria, questa volta, c’è e non c’è: perché Lodge Oblivion è il titolo del terzo quantity della serie creata e scritta da Daniel Means per i disegni di Gabriel Ba. Eppure la storia se ne va per fatti suoi, facendo divergere ancora di più i due binari (serie television e libri) che già erano abbastanza distanti nei primi venti episodi, con forti e ancora più ingombranti richiami ai serial a fumetti Marvel che hanno gettato le basi per diversi canoni del racconto a fumetti.

The Umbrella Academy. (L to R) Emmy Raver-Lampman as Allison Hargreeves, Elliot Web page as Viktor Hargreeves, David Castañeda as Diego Hargreeves, Aidan Gallagher as Quantity 5, Robert Sheehan as Klaus Hargreeves in episode 302 of The Umbrella Academy. Cr. Christos Kalohoridis/Netflix © 2022

Umbrella Academy 3 è allora un compendio di quello che deve e può essere una serie di supereroi: coazione a ripetere, tormenti esistenziali, trame e segmenti narrativi avvolti tra di loro e su viaggi nel tempo e nello spazio: probabilmente è proprio qui il profilo a doppio taglio di questi nuovi dieci episodi.

Perché quella coazione a ripetere nietzschiana si rivela in uno schema risaputo di colpi di scena più o meno imprevedibili, che rendono sapida la visione ma piuttosto scontata per lo spettatore un pelino più scafato: eppure, ci sono piccoli, deliziosi momenti introspettivi che puntellano gli episodi e che sembrano reggere sulle spalle il peso della serie, che approfondiscono i personaggi o semplicemente li rendono tridimensionali e reali, con quell’empatia che il rimaneggiamento televisivo di Steve Blackman ha sempre dimostrato.

La componente bizarre è sempre sovrana, ed è certamente un aspetto dominante e consistente di Umbrella, ma forse dopo un po’ di tempo qualcosa sembra essersi rotto, l’effetto non è più così magnetico e avvincente come prima, certo senza rinunciare a un fascino innegabile e a una qualità di scrittura più che buona.

Di totalmente nuovo c’è forse solo la modalità con la quale viene svolta la traccia leggera: se l’impasto tra dramma e commedia è sempre stato una delle caratteristiche fondanti dell’opera, in questa terza stagione l’autoironia si rivolge proprio allo schema consolidato del cinecomics, con i personaggi che scherzano sopra i loro stessi comportamenti da supereroi come un pastiche metaletterario.

Probabilmente quello che allora viene a mancare è la nota predominante drammatica, nonostante lo sforzo di rendere la Sparrow Academy uno specchio oscuro nel quale i fratelli dell’Umbrella guardano loro stessi e la loro disfunzionalità: il racconto si concentra molto sulle loro dinamiche interne, a partire dal cambiamento (fortemente metanarrativo ma gestito con molta delicatezza) di Vanja in Viktor, un cambiamento che rispecchia il percorso di Elliot Web page con solo una nota stonata nel doppiaggio italiano.

E allora spazio libero a riflessioni mai banali sull’identità di genere, sulla perdita, sul razzismo, tra azione, danza (sic…) e ironia in punta di penna. Questa volta solo un po’ sgranata.

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